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Il Congo e l'emergenza continua dei "grandi laghi"

Melandri è anche direttore della rivista "Solidarietà internazionale”  e già  vicepresidente dell’Assemblea paritetica della convenzione tra gli Stati dell’Africa , dei Caraibi e del Pacifcio e la CEE (ACP-CEE)  e, dunque osservatore privilegiato della realtà africana.

Il conflitto nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) rappresenta una delle crisi umanitarie più severe maturate fino ad oggi. Dall’inizio degli anni 90, questo paese è stato caratterizzato da un ciclo di violenze apparentemente senza fine, costato la vita ad oltre tre milioni di persone, in quella che è stata considerata, dopo la caduta di Mobutu, la prima guerra mondiale africana.

Tutto questo può sicuramente  richiamare l’immagine stereotipata del “cuore di tenebra”.
Il conflitto congolese non è nato per caso, ci sono delle responsabilità interne e della comunità internazionale, nonché la lotta della concorrenza per le ricche risorse naturali. Certo, districarsi in questo conflitto, concentrato soprattutto nella  zona  dell’alto Congo: l’Ituri nel nord est del paese, non è facile tant’è che dopo gli accordi di Pretoria del 2002, l’approvazione di una nuova costituzione e le successive elezioni, non hanno ancora portato la stabilità desiderata.

L’incontro dedicato al Congo sarà anche l’occasione per presentare la costituzione della Rete Africa, un network internazionale  promosso da Chiama l’Africa per rilanciare un processo di solidarietà e di cooperazione tra comunità sostenuto direttamente anche dagli africani della diaspora.

Non solo cooperazione comunitaria ma anche solidarietà con le persone africane che vivono nel nostro paese e che , con l’aggravarsi della crisi, vengono artificialmente messi in condizioni di esclusione ed emarginazione sociale, dimenticandosi che sono anche queste persone che contribuiscono con il loro lavoro e il loro sacrificio a far funzionare l’Italia.
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